Recensioni

“La reliquia di Costantinopoli” di Paolo Malaguti

81-KZVPJoHLEra molto tempo che non leggevo un lungo romanzo storico, di quelli densi di eventi e capaci di trasportare la tua mente in altri luoghi e in altre epoche. Ho comprato La reliquia di Costantinopoli di Paolo Malaguti (edito da Neri Pozza) guidata da due ragioni: la prima, la candidatura al premio Strega; la seconda, il fascino di una città di cui ho sentito molto spesso parlare, di cui ho studiato qualcosa, ma in cui non mi ero mai veramente immersa. E devo dire che sono molto soddisfatta della mia lettura.

Il romanzo è ambientato nel 1453, anno della caduta della città e della conseguente caduta dell’Impero Romano d’Oriente. Scritto sotto forma di memorie di un abitante della città, ritrovate anni dopo la sua morte dal suo allievo veneziano, il libro racconta di una città in via di disfacimento, che può trovare la sua svolta solo nella conquista e nella distruzione portate dai turchi. Non è un libro da affrontare alla leggera, non solo per il tema complesso, ma per la sua scrittura. Ho fatto parecchia fatica a ingranare con la lettura, perché lo stile dell’autore è piuttosto ostico, non nel senso che è difficile da capire, ma perché sicuramente uno dei suoi pregi non è la sintesi. La mole del romanzo, infatti, è dovuta in gran parte alle descrizioni piuttosto prolisse, agli eventi narrati nei più minuscoli particolari, al gran numero di parole usate per raccontare del più piccolo avvenimento. Per una grande amante dello stile sintetico quale sono, è stato all’inizio molto difficile procedere nella lettura, anche se poi piano piano mi ci sono abituata. D’altra parte, penso che un tipo di scrittura del genere sia perfetta per un romanzo che vuole rendere l’idea di un assedio logorante e faticoso, che non ha colto gli abitanti di Costantinopoli di sorpresa, ma li ha consumati in una lunga e spaventosa attesa. Inoltre, la lentezza derivante dallo stile di Malaguti ben si adatta alla resa di un’epoca così lontana dalla nostra, in cui le comunicazioni, gli spostamenti, tutte le azioni quotidiane erano svolte ad una velocità completamente diversa da quella a cui siamo abituati oggi. Insomma, superato lo scoglio della lentezza, il romanzo scorre perfettamente.

Il protagonista, Gregorio Eparco, che narra nel suo diario tutti gli eventi in prima persona, è un mercante greco nativo di Costantinopoli, molto amico di un veneziano, Malachia, con cui ha continuato la tradizione mercantile tramandata da generazioni. Spinto da un sogno profetico, Gregorio si lancia insieme all’amico alla ricerca delle reliquie della Passione, nascoste secoli prima da uno studioso latino per proteggerle. Guidati dalla mappa segreta custodita nell’opera di questo studioso, i due risolvono enigmi, si introducono di nascosto in chiese e altri luoghi sacri, tutto per mettere in salvo delle reliquie che, temono, andrebbero perdute o distrutte nel caso in cui Maometto II prendesse la città.

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Affresco di Tintoretto risalente al 1580 che racconta la presa di Costantinopoli da parte dei turchi. 

Parallelamente alla ricerca delle reliquie, Gregorio racconta cosa sta succedendo alla città. Spopolata e povera rispetto agli splendori di un tempo, sta aspettando impotente una rovina che non sa come evitare. Quando gli infedeli cominciano a mostrarsi, e poi quando comincia l’assedio, gli abitanti sono terrorizzati, ma sono comunque costretti a continuare la vita di tutti i giorni come possono. Il clima, l’atmosfera, persino i sentimenti degli abitanti di Costantinopoli sono resi estremamente vividi dalla scrittura di Malaguti, che rende invece un po’ più irreali i protagonisti dell’avventura. Gregorio e Malachia, così come la madre del greco, Cora, la prostituta, e Rachidis, l’oste, hanno l’aspetto di personaggi di carta, più che in carne ed ossa. Può sembrare un’affermazione paradossale: in fondo stiamo parlando di un romanzo. Eppure capita spesso di leggere romanzi i cui personaggi ci sembrano donne e uomini veri, che potremmo incontrare ogni giorno per strada. Qui invece hanno un qualcosa di patinato, polveroso, antico, che mi ha ricordato un po’ la Lucrezia Borgia di Maria Bellonci (romanzo molto diverso, in questo aspetto, dallo splendido Rinascimento Privato), un po’ La chimera di Sebastiano Vassalli: paiono i protagonisti di un saggio romanzato, più che di una storia d’avventure. Forse questa mia sensazione è dovuta allo stile talvolta un po’ ampolloso dell’autore, forse dalla lontananza temporale e spaziale che ho sentito dai personaggi. In ogni caso, non ritengo niente di tutto ciò un difetto, anzi. È un aspetto che mi ha fatto amare molto questo libro, perché mi sono sentita un po’ rinascimentale anche io.

Avere tra le mani questo libro dà davvero la sensazione di stare leggendo un antico manoscritto, un libro davvero scritto nel XV secolo, e ritrovato per caso in un angolo oscuro della biblioteca. Ed è per questo che penso che l’autore sia stato bravissimo e che, nonostante tutte le puntualizzazioni di stile di questa recensione, non avrebbe potuto scrivere questo libro in nessun altro modo. L’ho amato per tutte le cose che mi sono piaciute, ma anche per quelle che mi hanno fatto storcere un po’ il naso, perché mi ha restituito la sensazione di logorante fatica di chi sta aspettando che la propria casa venga presa e saccheggiata da un popolo straniero, mi ha fatto capire com’era la vita nel 1453 e, soprattutto, mi ha fatto sentire una cittadina di Costantinopoli.

5 pensieri riguardo ““La reliquia di Costantinopoli” di Paolo Malaguti

  1. Grazie Francesca! Mi hai dato l’occasione per inserire un ulteriore acquisto nella mia wish list! 🙂 Non mi spaventano i testi prolissi: magari impiegherò tre mesi per legerlo, ma accetto comunque la sfida! 😀 Buona giornata!

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