Recensioni

“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito

Ho addocchiato questo romanzo sin da quando l’ho visto tra la dozzina dei libri candidati al Premio Strega (ne ho parlato qui). Mi è scattata quella sensazione istintiva a cui è difficile dare un nome, che mi ha fatto capire che dovevo leggerlo perché sicuramente mi sarebbe piaciuto. E infatti così è stato.

L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito, edito da Bompiani e vincitore del Premio Campiello, è un romanzo molto crudo e allo stesso tempo ricoperto da un velo sottile di poesia. Racconta la storia di Gaia, prima bambina e poi ragazza e donna, e della sua famiglia alle prese con case popolari e difficoltà economiche. Le condizioni difficili che si trovano ad affrontare influenzano tanto Gaia quanto la madre, con cui la protagonista ha un rapporto che non conosce vie di mezzo tra la simbiosi e il conflitto.

Tutte le scelte di Gaia sono volte a dimostrare prima di tutto alla madre che lei vale qualcosa, che può fare la differenza, diventare qualcuno di importante e di riconosciuto. Gaia si butta a capofitto nello studio non perché lo ami particolarmente, ma per far vedere che può farcela, che può ottenere risultati eccellenti, che è abbastanza intelligente. Attraversa le amicizie con distacco, incredula che qualcuno possa davvero desiderare la sua compagnia, fino a farsi accusare di avere le pietre nella pancia, tanto è dura e fredda.

Anche il rapporto con l’altro sesso è difficile. La prima storia, al liceo, è una pura questione di apparenza: Gaia sceglie il ragazzo più ammirato della scuola e gli si impone, trascinando lui e se stessa in una relazione senza sentimento, senza affezione, senza neanche la voglia di provare a conoscere l’altro.

Il profondo disagio e il dolore che Gaia si porta dentro fin da bambina le causano accessi di violenza inaspettata; ciò che colpisce di questi episodi è l’assoluta freddezza con cui la protagonista li compie e proprio da questo capiamo come, per lei, siano considerati atti assolutamente necessari e inevitabili, quasi a dire: è l’unica cosa che posso fare, l’unico tentativo che posso compiere per affermare il mio posto nel mondo.

L’ambiente in cui Gaia si muove è prima la Roma delle case popolari, e poi, soprattutto, il lago, questo lago di una cittadina di provincia che è quasi un altro personaggio del romanzo. Assistiamo così a quella che a me piace chiamare la “vita di paese”. Io stessa provengo da un paese di provincia e quindi mi viene facile immedesimarmi in un ambiente in cui tutti sanno sempre tutto quello che succede, se conosciuto come il “figlio di…” o il “nipote di…” e puoi girare tranquillamente per le strade senza preoccupazioni, perché sei protetto e osservato proprio dal paese.

La scelta dell’autrice di scrivere questo libro in prima persona, dandoci quindi soltanto il punto di vista di Gaia, rende la narrazione quasi claustrofobica, perché non abbiamo mai la possibilità di conoscere il punto di vista, i pensieri o le riflessioni degli altri personaggi. Quella di Gaia sembra quasi una confessione urlata, il grido di aiuto di una ragazza che soffre e non sa come smettere di soffrire. La scrittura di Giulia Caminito sembra scivolare su un sentiero di sassi, è evocativa, dura, precisa.

Il libro mi ha lasciato una profonda sensazione di amarezza. Gaia soffre così tanto che non sembra possibile trovare una via d’uscita al suo dolore, eppure da lettrice molto empatica quale sono mi è rimasto quasi il desiderio di tenderle una mano per provare ad aiutarla. L’acqua del lago non è mai dolce è un romanzo da affrontare con un po’ di coraggio; bisogna essere pronti a farsi sorprendere, ma anche preparati a trovarsi di fronte tanto un bellissimo libro quanto una grandissima sofferenza.

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