Non sempre i programmi d’esame all’università sono fonte di irritazione e crisi isteriche; può capitare che il docente dia da leggere ai suoi studenti delle perle letterarie, che magari sarebbero rimaste sconosciute. Io mi sono ritrovata esattamente in questa situazione qualche mese fa, quando dovetti preparare l’esame di Strutture e Processi della Narrazione, incentrato sull’autobiografia. Nell’elenco dei testi da portare c’era l’autobiografia di Norberto Bobbio, figura di grande spicco nel panorama italiano novecentesco, ma forse non tanto conosciuta quanto invece meriterebbe.
Nato a Torino il 18 ottobre 1909, Bobbio è stato protagonista dei principali eventi che, nel bene e nel male, hanno fatto la storia del nostro Paese. Studente, insegnante, antifascista, intellettuale, amante della politica (nel senso del buon governo), padre e amico: Norberto Bobbio era tutto questo e molto di più.
Come ammette egli stesso, ha avuto la fortuna di frequentare il liceo classico Massimo d’Azeglio, dove la maggioranza dei docenti era antifascista; nel periodo dei suoi studi ha avuto modo di conoscere e stringere legami di amicizia con persone dello stampo di Cesare Pavese, Vittorio Foa, Leone Ginzburg e Felice Balbo, per citarne alcuni.
Dopo la laurea in diritto, diventa insegnante, ma subito si scontra con i provvedimenti del regime. Avendo trascorso un periodo in carcere, Bobbio si vede rifiutata la possibilità di insegnamento. Ricorre allora alle sue conoscenze per ottenere dal Duce la possibilità di avere una cattedra di ruolo. La lettera indirizzata a Mussolini ha scatenato polemiche su polemiche. Il giornalista di destra Marcello Veneziani scrisse nel 1995:
Se un antifascista come Bobbio ha potuto far carriera sotto il fascismo, allora vuol dire che il fascismo non è stato quel regime totalitario e liberticida che lo stesso Bobbio ha descritto. Oppure, vuol dire che Bobbio era allineato con il regime.
L’ignoranza che trasuda da queste due frasi mi disgusta profondamente. Facile giudicare quando non si è nella situazione dell’Italia fascista. Permettetemi di riportare la riflessione di Bobbio in merito alla sua lettera.
Chi ha vissuto l’esperienza dello Stato di dittatura sa che è uno Stato diverso da tutti gli altri […]. La dittatura corrompe l’animo delle persone. Costringe all’ipocrisia, alla menzogna, al servilismo. E questa è una lettera servile. Anche se riconosco che ciò che ho scritto è vero, ho calcato la mano su quei meriti fascisti per trarne un vantaggio. E non è affatto una giustificazione la mia. Per salvarsi, in uno Stato di dittatura, occorrono delle anime forti, generose e coraggiose, e io riconosco che allora con questa lettera non lo sono stato. Non ho nessuna difficoltà a fare ancora una volta un esame di coscienza che del resto ho fatto infinite volte.
Soffermiamoci a riflettere prima di emettere giudizi affrettati: per tutta la sua esistenza Bobbio è stato un antifascista, amante della libertà. Questo è quello che sempre inseguito, e lo dimostrano le sue incarcerazioni e tutto ciò che ha compiuto durante la Resistenza e dopo la guerra. Lo vediamo coinvolto, anche se non in primo piano perché non amava essere il leader pubblico, in tutte le vicende politiche e sociali della seconda metà del Novecento. Dalle prime elezioni in Italia alla nascita dello stato comunista in Cina (che Bobbio visiterà), dalla morte di Berlinguer alla guerra fredda, dal ’68 a Bettino Craxi: la storia del mondo viene raccontata attraverso gli occhi di una persona che cerca di essere imparziale.
Dalla lettura della sua autobiografia, si evince chiaramente che Bobbio ponderava attentamente le questioni, cerva sempre un confronto educato e stimolante con chi non apparteneva al suo partito, osservava la realtà con tutta la mitezza e oggettività possibile. Il suo obiettivo era uno solo: LA LIBERTA’.
La sua storia è stata per me un’autentica rivelazione: ho scoperto una persona che è diventata un mio modello ideale di comportamento. Soprattutto considerando il fatto che ai giorni nostri la discussione civile e costruttiva in politica non esiste quasi più e in cui il concetto di libertà a volte è dato per scontato, mi sembra che l’esempio di Norberto Bobbio, e di tanti altri uomini come lui, debba essere riscoperto e riproposto, soprattutto alle giovani generazioni. Lui era un docente, e si è sempre definito tale, forse perché aveva capito quanto sia fondamentale l’educazione.
Vi invito caldamente a leggere la sua autobiografia: oltre ad essere molto scorrevole, è interessante che sia stata scritta in collaborazione con il giornalista Alberto Papuzzi, quindi abbiamo due voci narranti, una in prima e una in terza persona, per rendere più obiettivo il racconto, che è una vera e propria testimonianza di quasi un secolo di storia.
Bobbio si è spento nel 2004, lasciando un grande vuoto. Il suo esempio di condotta politica ed etica dovrebbe essere di ispirazione per tutti coloro che cercano un modello da seguire, perché ancora credono possibile costruire qualcosa di buono su solidi valori.
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