Letteratura · Recensioni

Avevo troppa luce negli occhi

È la città più famosa della Terra, e appartiene quindi a tutti quanti, e a tutti i tempi. […] Si fa un gran pensare sull’Oggi, ma non succede continuamente che l’Ieri la vinca? Mescoliamoli insieme e facciamo il Sempre.

Così si apre Il cavallo di Troia di Cristopher Morley, uno dei libri più belli che abbia mai letto. Scritto nel 1937, fu poi tradotto in italiano per la casa editrice Einaudi niente meno che da Cesare Pavese. Diversamente da quanto potrebbe suggerire il titolo, l’opera non parla esattamente della caduta di Troia o dell’inganno del cavallo; questi sono eventi che fanno da sfondo al racconto principale, quello della tragica storia di Troilo e Cressida.

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 Troilo, figlio del re Priamo, si innamora ricambiato di Cressida, giovane e splendida vedova. Cressida è figlia di Calcante, l’indovino che si trova nell’accampamento greco. Cressida ottiene il permesso di fare visita al padre e come pegno del suo amore Troilo le dona una spilla, strappandole la promessa di rivedersi dopo dieci giorni. Ma Cressida non farà mai ritorno. Si lega all’eroe greco Diomede e si lascia convincere a non tornare a Troia, ormai destinata alla distruzione. Intanto Troilo aspetta, finché un giorno Ettore non gli porta l’armatura di Diomede sulla quale vede appuntata la spilla che aveva donato alla sua amata. Troilo sarà poi ucciso in combattimento da Achille.

A grandi linee questo è quanto ci racconta il mito, ripreso più e più volte nel corso dei secoli, perché è davvero una storia complicata, ricca di potenziale narrativo e soprattutto perché ha dell’incomprensibile al suo interno: per quale ragione, infatti, Cressida ( o Criseida nelle versioni più antiche) abbandona Troilo? Non lo amava, forse?

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Dopo il Filostrato di Giovanni Boccaccio, il Troilo e Criseida di Chaucer e il  Troilo e Cressida di Shakespeare, arriva l’originale versione di Morley. Innanzitutto, come avrete notato, non ho mai definito Il cavallo di Troia un romanzo o un poema, perché, in realtà è un miscuglio di generi letterari: prosa, poesia, teatro, giornalismo. Tutto sapientemente mescolato ed elaborato per dare forma a un lavoro incredibilmente moderno e appassionante. Se, infatti, ritorniamo alla citazione iniziale, si comprende che la volontà dell’autore è quella di parlare di una storia immortale, che appartiene a tutti gli uomini e a tutte le generazioni. Morley, effettivamente, ha ambientato la guerra di Troia nel XXI seolo: troviamo taxi, ristoranti, locali notturni, l’Evening Trojan che annuncia le novità e Calcante è diventato un economista (interessante l’evoluzione da indovino ad economista). La trasposizione storica serve proprio a sottolineare l’universalità di quanto viene raccontato, di una vicenda fortemente simbolizzata che attraversa i secoli per toccare le corde più profonde degli animi delle persone.

Da cosa sono colpiti i lettori? Personalmente, sono rimasta profondamente toccata dal senso del tragico che pervade l’opera. La figura del cavallo e il pericolo ad esso legato sono costantemente in agguato, come a ricordarci che la storia avrà un epilogo infelice; e, soprattutto, risulta inspiegabile il comportamento di Cressida, che abbandona l’amato Troilo. Quale giudizio possiamo dare su questo personaggio? Che lei abbia amato il giovane è indubbio, perché dunque non torna da lui?

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Io vi offro la mia interpretazione: non è detto che sia giusta, ma sono dell’opinione che la bellezza di un testo risieda proprio nella sua multiforme potenzialità interpretativa. Cressida viene presentata come una donna frivola, che scopre la gioia dell’amore con Troilo.

Essa incontra, e dà in cambio, qualcosa di forte, semplice, affamato e intatto. Qualcosa che mai prima aveva sentito in un uomo; mai aveva avuto modo di sentire. Qualcosa in se stessa, che non aveva mai saputo come offrire.

 Forse, però, quando è al campo greco capisce che per la città di Troia non c’è più alcun futuro e quindi neanche per lei e Troilo; essendo attaccata alla vita sceglie Diomede, un eroe che potrebbe amare e si lascia alle spalle la sua vita passata, con parole di amara malinconia. Inoltre, mi viene da pensare che probabilmente per Cressida l’esperienza di un amore così totalizzante, come era quello per Troilo, sia qualcosa che non riesce a gestire, da cui si sente sopraffatta. Al momento della sua partenza da Troia,infatti, quando il taxi su cui sale viene inondato dal sole, le ultime parole che rivolge a Troilo sono:

Scusami caro, avevo troppa luce negli occhi.

Troppa luce. Troppo amore. Cressida non riesce a conciliare questo sentimento con il suo desiderio di sopravvivere. All’inizio non siamo neanche sicuri che Troilo abbia sentito questa frase. Ma quando viene colpito a morte da Achille e guarda la sua città in fiamme, anche Troilo dice:

Scusa, ho troppa luce negli occhi.

Guardate il differente uso dei tempi verbali. Per Cressida l’amore è già qualcosa di passato non appena sale sulla macchina che la porta via da Troia. Per Troilo il sentimento è ancora presente. Non può fare a meno di non amarla, a dispetto del profondo tradimento. Quando, infatti, scopre la spilla di Cressida sull’armatura di Diomede e realizza di essere stato abbandonato, alle invettive che lo zia di Cressida rivolge alla nipote

Troilo, che in quell’istante appare il più vecchio, lo fa tacere con un cenno: “Non posso più non amarla”.

Non si può tornare indietro, neanche di fronte a un dolore così grande: il suo amore va in una sola direzione.

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È davvero una storia struggente, e lo è ancora di più perché non c’è un senso dietro il comportamento di Cressida. Io ho provato a spiegarlo secondo il mio punto di vista, ma non è abbastanza. Cassandra, sorella di Troilo, offre un giudizio parzialmente positivo sulla donna: bisogna ringraziarla perché è stata l’unica a far scoprire a Troilo la bellezza dell’amore, gli ha insegnato ad amare, ed effettivamente non è qualcosa da sottovalutare.

In conclusione? Nulla. Odiamo, compatiamo, condanniamo Cressida. Esprimiamo giudizi differenti con la consapevolezza che non potremo mai capire.

Però questa storia può aiutarci a fare una scelta: quando abbiamo troppa luce negli occhi scappiamo o combattiamo?

8 pensieri riguardo “Avevo troppa luce negli occhi

  1. Sono cosí complessi e misteriosi i sentimenti che non riusciamo mai a capirli realmente. Anche quando sono “solo” descritti per raccontare una storia. Perché mettendo le radici nelle profondità della mente sia dello scrittore che del lettore, la loro base ci è oscura.
    Tu chiedi come mai Cressida ama Troilo ma non torna da lui. Come mai ama proprio Troilo chiedo io. Qual è la molla che fa avvicinare due persone?
    Probabilmente Cassandra ha ragione ha ringraziarla perché, quale che sia il motivo o l’esito, è riuscita a donare una cosa importantissima ed unica: il suo amore (ogni amore è unico e speciale per la sua unicità, il concetto dell’amore racchiude semplicemente tutti gli infiniti possibili modi di amare).
    Sembrerebbe un libro interessante.

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    1. Lo è davvero! Tanto per lo stile quanto per i contenuti. Diventa fonte di continua riflessione: ti consiglio vivamente questa lettura!

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  2. “Scusami caro, avevo troppa luce negli occhi.”

    Mi sono innamorato di questa frase di Cressida, tragicamente ripresa anche se leggermente diversa da Troilo al punto della sua morte (interessante e secondo me corretta la tua interpretazione).
    Una frase poetica ma con un tocco di divismo dato da quel “scusami caro” che la rende istantaneamente iconica quanto quella delle brioches di Maria Antonietta a mio parere (sì, ho un debole per le dive).
    Una che si chiama Cressida poi, un po’ diva deve esserlo per forza.
    Tuttavia la ragione del suo mai avvenuto ritorno a Troia secondo me è che si è resa conto che un ragazzo chiamato Troilo non poteva certo essere l’amore della sua vita.

    Ironia che mi distingue a parte, il tuo articolo (come sempre d’altronde) mi ha intrigato a leggere quest’opera!

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